Città nuove su città antiche (New cities over old cities)

QUESTA RICERCA INDIVIDUA UNA STRATEGIA CHE IN MODO SISTEMATICO CONDUCE A RIAPPROPRIARSI DEL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO.
MA CIO' COINVOLGE PROFESSIONALITA' DIVERSE E RICHIEDE RIFONDAZIONI DISCIPLINARI NELLE AREE DEL RECUPERO E DEL RESTAURO.

THIS RESEARCH AIMS AT WORKING CALLY LEADS TO THE REAPPROPRIATION OF OUR ARCHEOLOGICAL HERITAGE. BUI THIS CALL UPON PROFESSIONALS OF DIFFERENT FIELDS AND NECESSITATES NEWLY-FOUNDED DISCIPLINES IN THE FIELDS OF RESTORATION AND REINSTATEMENT.

La salvaguardia delle testimonianze storiche, presenti in città dichiarate "Patrimonio dell'Umanità" (1) e che presentano forti tendenze di urbanizzazione e edificazione, costituirà negli Anni Novanta una delle sfide più significative nell'universo affascinante del Progetto dell'Esistente. Il problema specifico che qui ci poniamo s'inserisce in tale tematica, ma è circoscritto al tema particolare del trapianto di città nuove sopra e dentro città vecchie che si rifiutano con ostinazione di essere estirpate o sepolte.

 

 

Veduta del porto di Rodi

 Questa problematica investe la maggior parte dei paesi del mediterraneo, ma solo in alcune delle sue città si pone, ancora oggi, come problematica aperta ed urgente; tanto urgente che non con-sente più grandi spazi alle riflessioni. Occorre con sollecitudine prendere atto che chi affronta questo specifico problema è attualmente sopraffatto da esigenze sociali pesanti (urbanizzazione, nuova edificazione, domanda turistica, ecc.) che comportano il rischio di sepoltura secolare dei luoghi antichi evidenziati, o quel che è peggio la realizzazione di contenitori dismessi in verticale (in aggiunta ai già deplorati buchi neri delle città). Infatti il rapporto delle città nuove con quelle nascoste (sia stratificate che emergenti) avviene attualmente con una serie di tagli molto stretti e spesso voltati, delle vere e proprie incisioni profonde nel tessuto edilizio delle epoche antiche, che lasciano solo intravedere "polarizzazioni" e "diffusioni" (piazze. impianti stradali, ecc.) di antiche civiltà, rivelazioni successive che vanno rapportate tra loro nello spazio e nel -tempo, con strategie di intervento che consentano la fruizio-ne pubblica dei luoghi. Non si tratta pertanto e soltanto di salvare qualche "testimonianza storica" isolata e d'inestimabile valore "inventando" percorsi archeologici, quanto piuttosto di comprendere il ruolo decisivo che essa aveva -avuto e che potrebbe ancora avere per la città.

Nel segnalare questa urgenza, è doveroso anche dire -che il problema, pur coinvolgendo attualmente un numero circoscritto di città del mediterraneo, interessa tutta la sua fascia, sia perché - se adeguatamente affrontato - dovrà far i conti con le coordinate geografiche-storiche di questo, sia perché le città investite dal problema materializzano la chiave di una biblioteca aperta per letture incompiute della sua storia e civiltà. Dal punto di vista delle competenze disciplinari il problema investe primariamente l'archeologia, l'urbanistica, la geo-archeologia e la tecnolo-gia, ed è caratterizzato da un taglio urbani-stico mai soltanto da un interesse storico o esclusivamente architettonico, in cui la tec-nologia contribuisce con l'implementazio-ne di processi di valutazione e con stru-menti e metodi avanzati per accrescere la trasparenza e la libertà decisionale dei vari attori che partecipano nel processo di inter-vento. Pertanto, non possiamo che analiz-zare in parte determinati aspetti specifici più vicini alle nostre competenze, nella consapevolezza che trattasi di una proble-matica affrontabile pienamente ed esclusivamente in sede interdisciplinare. Obiettivo primario dello studio è di contribuire all'impostazione di strategie di riappropria-zione del nostro patrimonio edilizio, capaci di condurre dall'atto ideativo-ricognitivo (riscoperta delle città attraverso la storia) all'atto tecnico-realizzativo, in modo razionalizzato e gestibile su basi scientifi-che; in altri termini, una strategia che consuma risorse a breve termine" per produrre concretamente "risorse a lun-go termine.
Con le esperienze maturate negli ultimi due decenni nell'ambito della salvaguardia delle testimonianze storiche, si è in grado attualmente di affrontare la "sfida archeologica" con ragionevole ottimismo, purché prenda consistenza la più volte auspicata nuova cultura del progetto dell'esi-stente "....non velleitaria, non ideologica e non formalistica... una cultura meno supponente e timorosa....capace e decisa a operare i temi del proprio ruolo civile"(2). Il classico compromesso tra conservazione della memoria del passato e domanda edificatoria è altamente provocatorio per tutti, ma lo è sopratutto per le amministrazioni locali delle città interessate (3), alle quali spetta la duplice responsabilità: garantire ai cittadini un adeguato livello di qualità di vita e salvaguardare l'eredità architettonica del passato rispet-tando le direttive ed i principi etico-morali dei diversi organismi internazionali di tutela del patrimonio (4). Tuttavia, pur essendo i responsabili locali vincolati al rispetto dei principi e delle prescrizioni convenute con gli organismi internazionali di tutela del patrimonio, mantengono una certa autonomia decisionale, che ha portato a sperimentare con successo, in alcuni casi felici, criteri d'intervento specifici da luogo a luogo. Inoltre, alcune delle città dichiarate "Patrimonio dell'Umanità" ispirano maggiori aspettative ri-spetto ad altre, benché non sempre possiedano i necessari mezzi tecnici ed economici capaci di soddisfarle. Nell'ambi-to di tale tematica, l'attenzione degli studiosi è prevalentemente concentrata ai casi di città nuove "dentro" città storiche e poco verso quelli delle città nuove "dentro e sopra - / città storiche. Ciò si giustifica ampiamente dal punto di vista della prevalenza numerica delle prime sulle seconde, mentre diviene una disattenzione imperdonabile dal punto di vista della portanza delle testimonianze del passato sepol-te tra le mura e nel sottosuolo degli edifici situati in luoghi archeologici. Il costruire sul sub-costruito è una operazione -~ che si fonda su tradizioni antiche ed ininterrotte, alla pari di quella del costruire nel costruito, e potrebbe suscitare mera-viglia constatare che tali interventi siano divenuti temi pre-valenti di dibattito della cultura architettonica odierna. In tutte le epoche, infatti, si può rilevare la stratificazione, la sostituzione e l'intersecazione di espressioni architettoniche dissimili, senza che questo abbia costituito conflitti tanto accesi come nei nostri giorni (6).
Ma se nel passato il rispetto del patrimonio riguardava soltanto singole opere alle quali venivano attribuiti valori e i significati, il mondo contemporaneo, dopo aver esteso que-sto concetto a tutto ciò che è passato (compresa l'architet-tura minore), ha rivolto l'attenzione al processo di conoscenza e fruizione dell'intero sistema territoriale. In questo processo di conoscenza, la popolazione prende parte attiva -in quando anch'essa custode della memoria e tramite fra il passato ed il presente: "(...) con il sentire più profondo dei tempi e dei luoghi delle cose, siamo proiettati a rapporti più sensibili fra gli elementi fisici e quelli antropici, tra i fattori materiali e quelli immateriali di quel medesimo sistema a te, risalenti ai periodi classico, bizantino, medioevale, goti-cui uomini e cose appartengono"(7). Le contrapposte esigenze riguardanti la salvaguardia del patrimonio storico-ar-chitettonico e quelle derivanti da una forte domanda edifi- catoria, pongono problemi che a nostro avviso non possono essere affrontati e risolti sulla base degli stessi Criteri adottabili per i casi di "città dentro città". Lo studio intrapreso in -tal senso, mette in evidenza gli aspetti conflittuali tra esigenze di natura fisica e non, e rileva alcuni orientamenti nuovi di analisi, sintesi e valutazione del processo di intervento, basati su appropriati criteri e procedure specifiche.
Un caso eccezionale ed emblematico, sia per l'importanza delle sue testimonianze archeologiche e storico-architettoniche, che per l'operato qualificato degli organismi responsabili locali, è rappresentato attualmente dalla città di Rodi nel Dodecaneso (GR). Essa conserva, tra soprasuolo e sottosuolo, estese testimonianze architettoniche stratificate, risalenti ai periodi classico, bizantino, medievale, gotico, ed altre derivate da dominazioni perdurate per lunghi o brevissimi periodi di tempo. Pertanto, la città di Rodi è stata considerata quale campione per le analisi inerenti allo svolgimento di questo studio. Si vorrebbe sottolineare, che non sono le sole caratteristiche peculiari di Rodi ad indirizzare la scelta su di essa. Visitandola oggi è immediato cogliere che la "offerta" di questa città è ancora in grandissi-ma parte legata alle sue espressioni qualitative ed ai suoi nuclei antichi che continuano ad offrire i loro spazi sapienti, le le loro architetture, la loro bellezza, le loro identità, in parte ritrovate grazie al lavoro condotto negli ultimi dieci anni.
Tutto questo fa di essa un vero e proprio laboratorio di cultura. Ma questa generosa offerta è anche disarmata, perché aperta a tutti gli usi, oltreché alla domanda di città e alle minacce quantitative della sua società. In questo sta la sua forza e la sua fragilità ed anche le responsabilità di tutti, ancora in gran parte da assolvere,
Antica metropoli, abitata ininterrottamente per 2400 -anni, Rodi rappresenta una delle città più importanti dell'antichità, edificata su posizione prescelta e secondo un preciso piano urbanistico (Ippodamo, verso la fine del Sec. V a. C.). Essa è l'unico esempio di metropoli antica per la quale sono stati ricostruiti la posizione delle strade, delle piazze e dei quartieri (8). E' la perfetta traduzione delle regole urbanistiche di Ippodamo: scacchiera ortogonale regolare, distribuita in tre ambiti fisici, collegati da un sistema centrale in cui si concentrano gli spazi politici, religiosi e commerciali: la città è al centro del sistema territoriale che essa controlla, l'agorà è al centro della città. La ricostruzione dell'antica pianta della città, effettuata da archeologi ed architetti impegnati nella riqualificazione del centro storico, che costituisce una delle più significative opere del nostro secolo. Non si tratta di una semplice ricostruzione di un tracciato di strade e case antiche, ma è il riflesso della società e la testimonianza degli alti ideali dell'epoca classica.

 

 
 

Disegni di rilievo e di progetto dell'Albergo di Francia di A. Gabriel (1923)
fonte: L.Ciacci, Rodi Italiana 1912-1923, Marsilio Editore, Venezia,1991.

 

L'antica rete urbana della scuola di Ippodamo è visibile ancor oggi nella attuale topografia della città, e si estende sia dentro che fuori le mura medioevali della Città dei Ca-valieri (1480 d.C.). La direzione delle strade antiche è stata conservata con variazioni lievi durante il periodo bizantino, così che i Cavalieri della città medievale hanno ereditato questo sistema urbano, insieme ad una grande parte dell'edificazione bizantina. In altri termini, ci troviamo di fronte al caso raro di utilizzazione di un sistema viario per-sistito continuamente per quasi 2400 anni (9). Gli scavi ar-cheologici hanno messo alla luce monumenti classici, quali: l'acropoli, il tempio di Apollo, lo stadio, l'odeion, i neori, vari templi e ginnasi, settori delle antiche fortificazioni, resti di abitazioni, fonderie, nonché reti idriche e fognarie (10). La mancanza di adeguati strumenti legislativo-finanziari rende quasi sempre impossibile effettuare estesi e sistemati-ci scavi archeologici nei centri storici che inglobano, sopra e sotto, testimonianze architettoniche cospicue delle civiltà precedenti. La possibilità di intervenire con scavi viene of-ferta: a) in seguito a calamità naturali; b) durante gli scavi di fondazione di edifici nuovi.
A) In molte città europee del mediterraneo, le "benemeri-te" calamità naturali e non (terremoti, incendi, esplosioni, bombardamenti), hanno permesso di riportare alla luce i te-sori architettonici sepolti, usando gli strumenti legislativi degli "interventi urgenti e straordinari". Si citano a titolo di esempio: Città di Salonicco (GR), anch'essa su stratificazioni di grandi e fiorenti metropoli antiche, è stata totalmente di-strutta con l'incendio del 1917; calamità, che ha permesso per un breve periodo di tempo (11) di bloccare l'edificazio-ne in vaste zone dichiarate parchi archeologici, ove poter eseguire successivamente indagini approfondite. Cittadella di Conza (Campania, IT), rasa al suolo dal terremoto del 1980, ha portato alla luce testimonianze archeologiche di tale importanza (ritrovamenti del foro dell'antica città ro-mana) che hanno determinato di ubicare il nuovo abitato nelle vicinanze del preesistente. Centro storico di Rodi, col-pita ripetutamente da eventi sismici; dopo il terremoto del 1944, è stato possibile predisporre un nuovo piano urbani-stico con carattere storico e con dodici parchi archeologici. In tempi più remoti, con l'evento bellico della prima inva-sione turca (1480) e con il terremoto dell'anno successivo all'invasione (eventi seguiti da una forte edificazione) è stata scoperta gran parte delle fortificazioni e degli edifici anti-chi, oggi esistenti (12)

B) L'edificazione nuova all'interno dei centri storici offre la possibilità di scavi archeologici localizzati, che costituiscono, nelle città a forte domanda edificatoria, una preziosa oppor-tunità per la ricognizione archeologica del sottosuolo. Tutta-via la facoltà, concessa agli organi archeologici locali, di bloccare i lavori esecutivi ed, eventualmente, concordare modifiche architettoniche-strutturali al progetto originario, comporta uno sforzo enorme, a causa delle conflittualità ine-vitabili che insorgono tra le parti interessate. L'esigenza di procedere con indagini accelerate per ridurre i danni econo-mici passivi e la scarsità di personale degli enti archeologici (per poter intervenire tempestivamente nelle primissime fasi esecutive) vanificano nella maggior parte dei casi, le aspetta-tive offerte con questa "strumento di ricognizione". Nella zona medioevale della città di Rodi, la maggior parte dei ri-trovamenti archeologici degli anni ottanta (13) sono venuti alla luce proprio durante la fase esecutiva di progetti ap-prontati in conformità all'attuale P.R.G. Viene perciò confer-mato che, allo stato legislativo-procedurale odierno, la possi-bilità di intervenire durante gli scavi di fondazione costitui-sce oggi lo strumento più realistico ed economico, per poter procedere ad indagini di tipo archeologico.
Le nuove tecnologie basate sull'intelligenza artificiale (Information Technology, IT) costituiscono strumenti di ef-ficacia straordinaria per tutte le fasi del processo di riappro-priazione del patrimonio storico-architettonico. Con riferi-mento specifico ai Geografic Information Systems (GIS) adottati anche a Rodi fin dai primi anni ottanta, è stato pos-sibile implementare: a) supporti decisionali diagnostici; b) assistenza alla messa a punto di programmi per la manipola-zione di documenti (ricerche negli archivi cartografici, ri-produzione automatica di dettagli dei particolari, ecc.); c) banche dati (archivi) e reti di comunicazione computerizza-te (in fase di avvio) per lo scambio di dati, informazioni ed esperienze tra i vari attori che vengono di volta in volta coinvolti nei processi di intervento ed, in una prospettiva più lontana, tra tutti quelli che sono impegnati allo studio della "Storia Urbana dell'Europa".
L'impiego dei GIS. come strumento per la produzione di semplice mappe intelligenti ed archivi telematici, è noto-riamente divenuto oggi di uso comune, mentre è ancora in nascere il passaggio da questa fase primitiva del suo impie-go a quella in cui esso diverrà lo strumento-base per la rea-lizzazione di programmi polivalenti di elaborazione dei dati codificabili, programmi per la comparazione tridimensiona-li dei "valori" in coordinate geografiche, esigenziali, ecc. L'attenzione maggiore in questa direzione viene oggi focalizzata nell'organizzazione di strutture spaziali di gestione, che consentano una multi-partecipazione progettuale con domini di competenze multiple. La mancanza di piani rego-latori carenti di supporto archeologico e geoarcheologico (14), crea conflitti enormi tra l'esigenza sociale di nuova edificazione e l'esigenza di salvaguardare le testimonianze storico-architettoniche; conflitto che si risolve nella mag-gior parte dei casi con un compromesso che condanna que-ste testimonianze a sepoltura secolare: ossia il loro incorpo-ramento nei locali sotterranei dell'edificio da erigere. Vinco-li urbanistici ed edificatori, e soluzioni statiche discutibili rendono spesso vano anche il tentativo di un incorpora-mento dignitoso. Nel solo centro medioevale di Rodi si con-tano più di cento casi di questo incorporamento avvenuto negli anni ottanta, mentre a Salonicco forse spetta il prima-to assoluto in tal senso.
Un'altra soluzione, apparentemente meno traumatica della precedente, consiste nel fondare i nuovi edifici su pilo-tis, lasciando a vista le testimonianze archeologiche (15). Tuttavia questa soluzione consente di eseguire indagini ar-cheologiche in tempi compatibili con le esigenze economi-co-organizzative, ed incide in modo limitato sulla consisten-za dei tessuti murari da salvaguardare (16). Le fondazioni su pilotis., incastrati dentro le masse murarie antiche, rende necessario uno studio altamente specialistico del sottosuolo di fondazione, da condursi con un geoarcheologo, figura non ancora consolidata. Inoltre, in caso di un successivo adeguamento o rinforzo antisismico, si riportano in primo piano alcune problematiche risolubili con lo schema "a pi-lotis". Altra soluzione ancora, per poter evidenziare ed intervenire sul patrimonio archeologico, è offerta dall'espro-prio. Nel caso di Rodi, tenuto presente che circa 1/3 della parte edificata (500 abitazioni) del centro storico racchiuso tra le mura è di proprietà comunale, i'uso di questo stru-mento legislativo viene applicato in casi del tutto eccezionali. Nella zona moderna della città che sovrasta la città elleni-stica (esterna alle sue mura medioevali), la necessità di ri-correre all'esproprio è più sentita ed anche più ricorrente.
I problemi connessi alla salvaguardia e alla conserva-zione delle testimonianze architettoniche racchiuse dentro e sopra gli edifici di Rodi, si moltiplicano e si ingigantiscono nel suo centro storico, racchiuso tra le mura medioevali. Ta-le centro è situato all' interno di una moderna città della quale rappresenta il polo storico e geografico, con in atto una vera e propria esplosione turistica, della quale rappre-senta il polo storico e geografico. Le forti pressioni che rice-ve da parte delle crescenti attività secondarie e terziarie vanno a scapito, oltre che delle città stratificate, anche della qualità abitativa. Tale fatto, insieme alla presa di coscienza che il centro storico rappresenta un monumento con enor-mi problemi sociali, hanno costituito -nei primi anni ottan-ta- i moventi per giungere, nel 1984, ad un accordo pro-grammatico tra i responsabili del governo centrale e quello locale per "La Riqualificazione Globale della Città Medioe-vale" e, nel 1989, alla stesura di un documento intitolato "Principi Generali per 1' Intervento sulle Costruzioni della Città Medioevale di Rodi" (17). L'importanza di questo do-cumento, richiama altri analoghi approvati in tempi recenti in varie città europee. I criteri adottati per la valutazione dei progetti d'intervento si basano prevalentemente sulla lettu-ra delle qualità vecchie (prestazionali tecnologiche, segni-che, simboliche, documentarie materiali); criteri che sono estremamente utili, ma che rimangono opinabili e discutibi-li, in quanto manca una strategia di confronto tra la qualità del sistema prima e quelle attese dopo 1' intervento (18).
" (…) Ogni progetto, ogni pratica conservativa e trasformati-va dovrebbe poter essere giudicata in base al differenziale introdotto tra i diversi valori della condizione precedente all'intervento e di quella che n'è conseguita" (19). Invece è degna di rilievo l'attenzione posta nella fase anteprogettua-le, con l'inserimento di una serie di minuziose specificazioni su tutti i parametri tecnologici, tecnici, morfologici, estetici e segnaletici.
In questo documento si estende, in accordo con la cul-tura odierna del restauro, il concetto di tutela del singolo monumento, a tutto l'ambiente antico della città. Parallela-mente viene considerato come "essenziale e determinante proprio il carattere dell'insieme, la stratificazione delle fasi, l'unità complessiva, la continua e composta configurazione edilizia e naturale" (20); mentre non s'individua, in questo come in tanti altri analoghi, una relazione dialettica vec-chio-nuovo, capace di individuare le qualità nascoste: stori-che, estetiche e prestazionali (21).
In conclusione, alla concretezza del documento nell'individuazione e salvaguardia degli elementi costruttivi e decorativi degli edifici restaurati si devono i risultati positivi fin oggi ottenuti, mentre alle mancate attenzioni poste sulla relazione dialettica vecchio-nuovo, e sugli strumenti di con-trollo, salvaguardia e difesa, per operazioni di restauro che dal manufatto architettonico investono anche lo spazio cir-costante urbano, si devono alcuni dei risultati discutibili che oggi osserviamo. In altri termini, per il rispetto dei re-quisiti di "Integrità dei Valori" e di "Durabilità", occorre operare al di sotto della superficie delle cose e della loro eterogeneità, ma.al di sopra di ciò che non riusciamo bene a discernere nel profondo" (22).
Estendere i processi di valutazione del patrimonio cir-costante a quello sottostante, nel caso di Rodi viene quasi spontaneo, poiché parte delle città sepolte sono "affioranti" in superficie e/o "conglobate" nella tessitura dei manufatti medioevali che oggi vediamo. Ed è anche fondamentale rendersi conto che non si tratta di affrontare una questione di recupero-ripristino-restauro, ma di "riappropriarsi" del patrimonio storico-architettonico (un percorso ancora più tortuoso ed affascinante), percependo lo spazio nei suoi rapporti planivolumetrici ed imparando a conoscere il luogo che rinvii ad altri tempi e luoghi, ad altri percorsi che con le loro storie e formazioni si intersecano ed interagiscono. Se i nostri obiettivi sono questi, passare sul piano operativo si-gnifica definire i parametri di valutazione riferiti agli ob-biettivi e correlare i parametri di valutazione con i criteri di valutazione assunti. In altri termini, dalla percezione e presa di coscienza del problema, all'approdare a processi di inter-vento efficaci, il percorso è ancora assai lungo, e ne sono te-stimoni i risultati negativi di alcune soluzioni che pur teori-camente ottime, finiscono per aggravare la salvaguardia del patrimonio sepolto: basti riflettere su alcuni percorsi archeo-logici realizzati dentro le città nuove, che collegano "virtual-mente" parti di antiche città rinchiuse dentro gli scantinati degli edifici, in involucri asfissianti e assolutamente privi di riferimenti con lo spazio e la vita circostante.
Parte di queste testimonianze sono racchiuse da tempo in perimetri che delimitano parchi archeologici aperti, in at-tesa di una loro riappropriazione. Problema arduo, che molto spesso finisce con l'utilizzare questi spazi, per realiz-zare infrastrutture sociali, prive di una piattaforma con va-lori comuni e comunitari alle testimonianze affiancate, privi di confronti costruttivi, che li rendono incomprensibili ed alla fine estranei alle testimonianze a cui sono stati accosta-te. Ciò in genere si verifica quando i concorsi appalto per la riappropriazione dei parchi archeologici privilegiano l'inse-rimento di nuovi spazi funzionali per il soddisfacimento di una serie di esigenze sociali, la cui sintesi si esaurisce nella sola concatenazione funzionale degli stessi, mentre "dob-biamo imparare a vivisezionare le nostre sensazioni e quelle dei nostri simili, scomporre in mille pezzi a incastro ogni piccolo flash emotivo che un luogo, uno spazio, un ambien-te può trasmetterci: è da quanto a fondo saremo andati in questa scomposizione che potremo ricostruire la trama invi-sibile delle relazioni, la concatenazione degli effetti, la strut-tura interna della bellezza" (23).
E' qui opportuno richiamare una riflessione espressa in premessa. Le scelte strutturali prevalenti in aree ricche di testimonianze del passato, sono anch'esse condizionate da una cultura timorosa e chiusa che si rifiuta di aprirsi verso soluzioni tecnologicamente avanzate e capaci di mitigare le conseguenze negative che si hanno con le soluzioni struttu-rali collaudate da tempo. La scelta strutturale prevalente per edifici in luoghi archeologici è quella classica a telaio su pilotis, che consente la fruizione degli spazi allo spiccato di fondazione.
Diversi sono gli aspetti conflittuali e discutibili di que-sta scelta strutturale, ossia: 1) L'esigenza di distanziare i pi-lotis il massimo possibile (per creare grandi spazi aperti) si scontra con l'esigenza di realizzare fondazioni di dimensio-ni ridotte (per meno incidere sui tessuti murari sottostanti).
2) Le modifiche del tracciato in fase esecutiva (posiziona-mento di alcuni pilastri) che si rendono necessarie per evi-tare di intaccare aree di particolare pregio archeologico, evidenziate durante gli scavi di fondazione, penalizzano sta-ticamente altri elementi portanti (pilastri e solai) e compor-tano variazioni nelle soluzioni architettoniche e distributive del progetto originario, con aggravi dei costi. 3) I pilotis vengono in genere incastrati nelle masse murarie sottostan-ti, quando esse si presentano compatte (antiche fortificazio-ni, ecc.). Il grado d'incastro ottenibile è condizionato dall'eventuale presenza di eterogeneità, alterazioni e di-scontinuità presenti in queste masse, il cui rilevamento comporta studi geotecnici e geomorfologici altamente spe-cialistici. 4) L'eventuale rinforzo o adeguamento antisismico degli edifici, per mezzo di pareti irrigidenti inserite tra i pi-lotis. L'ancoraggio delle pareti alle masse murarie sottostan-ti crea nuove micro-mcisioni ravvicinate, mentre l'inseri-mento delle pareti in c.a. vanifica in parte l'effetto di spazio libero che si voleva privilegiare.
Certamente non è questa la sede per proporre ed ana-lizzare schemi strutturali alternativi, basati su concetti più avanzati e flessibili della strutturistica, e nemmeno si sotto-valuta il fatto che strutture più innovative per schema, tec-niche e materiali impiegati, dovranno far i conti con i vinco-li urbanistici e con un impegno economico diverso. Tuttavia possiamo soffermarci a qualche breve considerazione, per meglio chiarire quanto sopra affermato. Nelle soluzioni in-telaiate a pilotis in zona sismica, l'aggravio degli impegni statici delle strutture portanti in c.a. potrebbe essere valuta-to con riferimento agli edifici civili multipiano a pianta re-golare, attorno al 30%. Per sollevare questi elementi strut-turali e le opere di fondazione da questo impegno statico supplementare ed inevitabile, si potrebbe far ricorso alle or-mai ben note tecniche basate su sistemi attivi e passivi di iso-lamento sismico (isolatori sismici, dissipatori energetici, si-stemi misti, ecc.) che non comportano incrementi delle rigi-dezze strutturali e conseguentemente dei carichi, incremen-ti che invece si hanno con le soluzioni tradizionali (24). Il ri-corso a questa alternativa strutturale, nel caso di edifici di notevole altezza (alberghi, ipermarkets, ecc.) costruiti in luoghi archeologici, diviene determinante (25).
Trascendendo da considerazioni riguardanti i valori "intangibili" (vite umane e valori non riproducibili) per evi-tare di monetizzarli, l'innalzamento dei livelli di protezione sismica a parità di costo, e la riduzione dei costi occorrenti per il raggiungimento di assegnati livelli di protezione, otte-nibili con queste tecnologie avanzate, sono stati comprovati da molteplici ricerche. Peraltro da analisi economiche svol-te in USA (26), è stato valutato che per edifici intelaiati in cemento armato è conseguibile una lieve riduzione dei costi strutturali, qualora s'impieghino sistemi di isolamento si-smico invece che le classiche pareti di taglio in c.a. Infine, per i limiti di altezza degli edifici, posti da vincoli urbanisti-ci (altezze massime, indici di copertura e di fabbricabilità, ecc.) i sotterranei degli edifici su pilotis che racchiudono le testimonianze archeologiche, risultano spesso essere spazi assai angusti e privi di riferimento alle coordinate di vita del passato e del presente.
Per concludere, la linea di ricerca adottata per lo svol-gimento dello studio in questa fase, conduce a forme di ana-lisi e di sintesi che favoriscono la totalità della percezione del problema, ovviamente a spese dell'esplorazione parti-colareggiata (27). Si è constatato che l'implementazione di nuove strategie, basate su nuovi e migliori equilibri tra pa-trimonio architettonico, ambiente ed esigenze sociali, ri-chiede trasparenza decisionale, perseguibile solo apportando modificazioni profonde all'interno delle attuali proprietà istituzionali (28). Questa esigenza conduce a piani d'azione distinti in tre differenti livelli
1) livello micro che esamina i principali fattori che con-dizionano l'operato dei vari gruppi di lavoro aventi diffe-renti estensioni, mezzi, strumenti, ecc. (29). L'approccio se-guito è quello di indagare all'interno dei seguenti ambiti: a) mezzi di rilevamento del patrimonio archeologico; b) locali interessi e gruppi di lavoro; c) strutture istituzionali; d) fat-tori economici; e) processi di trasformazione dell'ambiente costruito sovrastante.
2) livello medio che riguarda le modalità di raccolta e di gestibilità dei dati sul patrimonio storico-architettonico. Le limitazioni poste a questo piano d'azione sono: a) la siste-matica inventariazione ed analisi del patrimonio archeologi-co; b) la raccolta di informazioni sulle testimonianze ar-cheologiche di piccole città ed aree urbane, scelte con at-tenzione; c) pochi partecipanti attivi.
3) livello macro che comprende: a) la sistematica diffu-sione di processi di riappropriazione dei luoghi archeologi-ci, che si estendono dall'ambito puramente percettivo-esteti-co, a quelli economico-sociologico e funzionale-tecnologico, attraverso reti intercittà che vanno potenziate; b) l'indivi-duazione dei percorsi (e impiego della IF) attraverso cui le testimonianze consumando "risorse a breve termine con-tribuiscano idealmente alle "risorse a lungo termine"; c) la lettura e la riappropriazione delle tecnologie del passato.

NOTE

(1) Nel catalogo dell'UNESCO del 1972 sono omologate 70 città.
(2) Sono anche maturi i tempi per tentare di radicare questa cultura nei cittadini tutti, fin dalla prima età scolastica. Esigenza dichiarata anche in alcuni recenti Convenzioni e Proclamazioni Internazionali. Si cita ad es. l'articolo 15, comma 2, della Convenzione di Granada, tra i paesi membri del Consiglio d'Europa (ott. 1985), per la Protezione del Patri-monio Architettonico Europeo: Ogni convenuto si obbliga al risveglio o alla sensibilizzazione del pubblico, dall'età scolastica, nei temi della protezione dell'eredità, qualità dell'ambiente costruito e dell'espressione architettonica". Di Battista ,1992.
(3)Il problema è stato affrontato nel congresso dell' UNESCO te-nutosi a Kebek nel 30-giugno-4 luglio 1991, che allo scopo di interrom-pere l'isolamento e favorire la circolazione di esperienze ha proposto la costituzione di una rete internazionale tra le città interessate.
(4) In particolare, la Convenzione di Granada dell'ottobre 1985, ri-guardante la Salvaguardia del Patrimonio Architettonico Europeo, fir-mata dai paesi europei, segue una serie di principi e dichiarazioni, già proclamate in analoghe Convenzioni europee ed internazionali (Conven-zione Politica Europea, dic. 1954; Carta di Venezia, mag. 1964; Conven-zione Europea per la protezione del patrimonio architettonico, Londra, mag. 1969; Convenzione per la protezione del patrimonio civile e natura-le mondiale, nov. 1972; Carta Europea per del Patrimonio Architettoni-co, Strasburgo, sett. 1975, Dichiarazione di Amsterdam, ott. 1975, Con-venzione per la Protezione della Vita e dell'ambiente Naturale Europeo, Berna 1979), dei quali, potremo dire che vengono codificati i contenuti significativi, inserendo contemporaneamente nuovi elementi. La più si-gnificativa differenza tra questo accordo e la Carta di Venezia o la Pro-clamazione di Amsterdam, è che tale accordo comporta una "morale" adesione dei paesi firmatari, che sono obbligati a rispettare la Convenzio-ne; mentre il controllo si affida ad un comitato di esperti nell'ambito del Consiglio di Europa.
(5) Alcuni esempi recenti: Manossque (Francia), Bruges (Belgio), Kreuzberg (Germania), Bergamo (Italia).
(6) Le prime controversie nel settore risalgono al Sec. XIX. Ciò era dovuto alla mancanza di coscienza storica; bisogna infatti tener presente che, prima del Sec. XVII, il passato è nella coscienza comune una entità non troppo definita, e la convinzione di una continuità assoluta e diretta tra passato e presente comincia ad incrinarsi durante il Sec. XVIII. Con la prospettiva storica, il passato assume agli occhi dei contemporanei una fisionomia meno ideale e confusa; nell' antica Roma, ad esempio, l'atteg-giamento prevalente era legato a convinzioni platoniche, per cui le opere non sono altro che un riflesso imperfetto delle idee e pertanto soggette a modificazioni.
(7) V. Di Battista, nv. Recuperare, 5/91
(8) La rete urbana di Ippodamo è di tipo regolare ed uniforme. Gli isolati (insulae) uguali tra loro, delle dimensioni 47,73x26,52 m includo-no tre unità abitative e sono racchiusi da strade di larghezza 5-6 m. Le unità abitative più grandi sono racchiuse da strade di larghezza maggiore (8-11 m) e contenevano 36 insulae con 108 case, ossia erano progettate per circa 1000 persone. Gli edifici commerciali erano concentrati nella zona del grande porto. L'agorà con le statue e gli edifici pubblici erano situati verso i confini e il tempio principale probabilmente risultava de-centrato rispetto agli edifici commerciali.
(9) E' significativo il confronto con la città di Mileto che ha subito un lento e progressivo processo di crescita, non solo fisica, del nucleo centrale che si arricchiva di funzioni e di ruoli nuovi che coinvolgevano l'intera città.

(Tratto da Demetra, semestrale di Architettura e Arte, N°6 Giugno 1994, autore dell'articolo: "Città Nuove su città Antiche" Nina Avramidou)